Un dinosauro sepolto in Italia riscrive la storia, la geografia e l’evoluzione dell’antica regione mediterranea.
L’Italia non è esattamente famosa per i dinosauri. Rispetto al suo eccellente patrimonio artistico e archeologico, i fossili di dinosauro sono molto rari. Non a caso, la scoperta dei primi resti isolati di questi animali, all’inizio degli anni ’90, suscitò molta eccitazione, ma subito dopo fu considerata nient’altro che un’eccezione a una regola generale. Durante il regno dei dinosauri, tra 230 e 66 milioni di anni fa, era difficile mappare il Mediterraneo antico, formato da innumerevoli piccole isole lontane da tutte le principali terre – Europa, Africa, Asia – inadatte alla conservazione Su grandi animali come i dinosauri. O così credevamo.
Ora, un nuovo studio è stato pubblicato in Rapporti scientifici Coordinati da ricercatori dell’Università di Bologna, svelano il primo sito fossile con scheletri di dinosauri multipli ed eccezionalmente completi provenienti dall’Italia: il Villaggio del Pescatore, situato nel comune di Duino-Aurisina, vicino a Trieste, nel nord-est dell’Italia.
Questi bellissimi scheletri appartengono alla specie Tethyshadros insularis È il dinosauro più grande e completo mai trovato in questo paese. Il team descrive gli scheletri di alcuni dei dinosauri più belli e belli del sito (in particolare una nuova persona di nome “Bruno”) e mette in evidenza la presenza di sette (forse undici) individui al Villaggio del Pescatore.
I dinosauri non sono gli unici resti fossili del sito: pesci, coccodrilli, rettili volanti e persino piccoli crostacei forniscono un’immagine vivida di un antico ecosistema senza pari in tutto il mondo. I fossili unici raccolti dal Villaggio del Pescatore di Trieste possono essere ammirati presso il Museo Civico di Storia Naturale, concesso in deposito dal Ministero della Cultura italiano.
Lo studio inoltre rivede e riscrive diverse ipotesi evolutive per spiegare l’antico contesto mediterraneo. In origine i geologi interpretarono l’area oggi conosciuta come Villaggio del Pescatore come parte di un’isola al centro di un oceano “protomediterraneo” chiamato Tetide. Ha sostenuto questa errata interpretazione che lo scheletro relativamente piccolo, il primo scheletro di dinosauro trovato nel sito (soprannominato “Antonio”), fosse in realtà una specie “nana”, un esempio della cosiddetta “base dell’isola” (miniaturizzazione evolutiva di animali ) su larga scala in un ambiente isolato a causa della scarsità di risorse).
In questo nuovo studio, il team di ricerca documenta che “Antonio” è un individuo immaturo, mentre “Bruno”, che è di dimensioni maggiori, rappresenta un individuo più anziano – e questo individuo avrebbe potuto essere ancora in crescita al momento della sua morte.
Nuovi dati geologici raccolti dal team hanno fornito anche l’età del sito e dei suoi fossili: quasi 80 milioni di anni fa, in gessoso intervallo. Sono circa 10 milioni di anni in più di quanto si pensasse: un tempo molto lungo anche quando si ha a che fare con i dinosauri. All’epoca, quella che oggi è l’Italia nord-orientale era una terra affacciata su un vasto oceano ma collegata all’Europa occidentale e all’Asia. Ciò significa che non solo le piccole isole hanno segnato l’antico Mediterraneo, ma molte delle rotte migratorie di grandi animali terrestri come i dinosauri potrebbero essere state possibili attraverso i ponti di terra di quella che chiamiamo l’Italia odierna.
Questa nuova ricerca evidenzia non solo il primo passo in termini di scoperte eccezionali, ma soprattutto il ruolo fondamentale dei reperti fossili di dinosauri italiani nella valutazione di importanti ipotesi scientifiche su questi antichi animali. Essendo il sito già tutelato dalle istituzioni italiane, le nuove attività di ricerca e didattica possono rappresentare un’occasione per inserire il patrimonio geologico e fossile nell’elenco dei “must see” durante la visita al “Belpaese”.
Riferimento: “Il dinosauro italiano Lagerstätte rivela il ritmo e il metodo dell’evoluzione delle dimensioni del corpo adrosiforme” 2 dicembre 2021, Rapporti scientifici.
I ricercatori coinvolti nello studio sono: Alfio Alessandro Chiarenza (Università di Vigo), Matteo Fabbri (Field Museum of Natural History, Chicago), Lorenzo Consorti (Università di Trieste e Servizio Geologico d’Italia – ISPRA), Juan Cantalapiedra (Universidad de Alcalá )), David Evans (Royal Ontario Museum e Università di Toronto), Federico Fante e Marco Moscioni (Università di Bologna).
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