Il tuo editoriale (“La guerra lascia le banche centrali con scelte difficili”, FT View, 15 marzo) in cui si discute di scelte politiche sgradevoli per le banche centrali omette di mettere in evidenza i gravi vincoli che la BCE deve affrontare alle manovre politiche a causa delle pessime condizioni delle finanze pubbliche italiane.
Sulla scia della pandemia, l’economia italiana è svenuta, il suo deficit di bilancio è aumentato e il suo rapporto debito pubblico/PIL è salito a un livello record del 155%. Questo livello di debito è di circa 25 punti percentuali superiore a quello che era al momento della crisi del debito sovrano italiano nel 2012.
Negli ultimi due anni, nonostante il cattivo stato delle sue finanze pubbliche, l’Italia è stata tenuta a galla dal fatto che la Banca Centrale Europea ha acquistato 250 miliardi di euro di titoli di Stato italiani nell’ambito del programma di acquisto di emergenza pandemica. Tale acquisto copriva praticamente la totalità del fabbisogno netto di finanziamento del governo italiano e consentiva al governo italiano di autofinanziarsi a tassi di interesse non molto superiori a quelli pagati dal governo tedesco.
Il tasso record di inflazione odierno dell’eurozona, insieme al livello insostenibile del debito pubblico italiano, ha messo la Banca centrale europea sull’orlo di un dilemma politico. Se la Banca centrale europea non inasprisce a sufficienza la politica monetaria, rischia di perdere il controllo dell’inflazione.
Tuttavia, se la politica monetaria si inasprisce abbastanza per far fronte all’inflazione, rischia di innescare un altro ciclo di crisi del debito dell’eurozona incentrato sull’Italia, la cui economia è circa 10 volte più grande di quella greca.
Desmond Mancanza
Senior Fellow, American Enterprise Institute, Washington, DC, USA
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