Nel gennaio di quest’anno, Giorgia Meloni, la prima donna presidente del Consiglio in Italia, si è recata in Algeria con Claudio Descalzi, amministratore delegato della multinazionale dell’energia Eni. Lì ha firmato uno storico accordo con il Paese nordafricano per aumentare le forniture di gas all’Egitto Bill Pace e la costruzione di un nuovo gasdotto per l’idrogeno.
La mossa di Meloni ha ricevuto molta attenzione sia a livello nazionale che internazionale, anche se per motivi diversi.
Per gli osservatori esterni che temono che il suo governo di estrema destra spinga l’Italia verso la Russia, l’accordo è degno di nota per muoversi nella direzione opposta, segnalando il desiderio di raggiungere l’indipendenza dal gas russo.
Per gli italiani, invece, oltre alla gradita prospettiva della sicurezza energetica che promette, il cosiddetto “Piano Matte” della Meloni è stato motivo di entusiasmo per la storia che evoca. Il nome richiama direttamente una delle stagioni d’oro dell’Italia: il “miracolo economico” del dopoguerra.
Questo periodo va dal 1958 al 1963 ed è stato caratterizzato dalla quasi piena occupazione, da un boom industriale e da un aumento degli investimenti. Tra i protagonisti di questo rinascimento economico, divenuti figure leggendarie della storia italiana, ci sono l’industriale Adriano Olivetti, ex presidente Luigi Einaudi, ed Enrico Mattei, il celebre fondatore dell’Eni che beneficiò del piano Meloni di Mattei.
Più di ogni altra figura di questo tempo, Mattei, che è venuto dal nulla e ha raggiunto rapidamente potere e fama internazionale grazie al suo senso degli affari e ideali politici, incarnava la prosperità economica del Paese e il ripristino del valore dell’Italia agli occhi. Il mondo dopo la seconda guerra mondiale.
Soprannominato “l’uomo dei miracoli”, Mattei ha innalzato il profilo dell’Italia sulla scena internazionale; Meloni ora spera che la sua memoria possa operare di nuovo la sua magia.
Nato nelle Marche nel 1906, Mattei ha mostrato uno spirito imprenditoriale e capacità manageriali eccezionali. Ha fondato un’azienda chimica poco più che ventenne e, verso la fine dei trent’anni, ha guidato i Volunteers for Freedom Corps, la prima forza di resistenza organizzata nella seconda guerra mondiale riconosciuta sia dal governo italiano che dagli alleati.
Nel dopoguerra, come ricompensa per il suo breve ma essenziale servizio, fu nominato commissario straordinario dell’Agip, la compagnia petrolifera statale fondata nel 1926. Il suo compito era quello di liquidare i suoi ingenti asset energetici.
Mattei credeva fermamente, tuttavia, che l’indipendenza energetica fosse un prerequisito per l’indipendenza politica, e applicò questa filosofia in patria.
Raddoppiò i pozzi petroliferi che era stato incaricato di chiudere e convinse la classe dirigente italiana, divisa sulla questione del ruolo che lo Stato avrebbe dovuto svolgere nell’economia, a consentire nel 1953 la costituzione di Eni come società di Stato.
Sta sostenendo questa stessa idea negli sforzi internazionali di Eni che ha reso Mati impopolare alla Casa Bianca e all’Eliseo.
Tra il 1953, quando fu fondata l’Eni, e il 1962, quando Matti morì in un incidente aereo ancora avvolto nel mistero e nelle voci, trattò accordi con Iran, Libia, Egitto, Tunisia, Marocco e Unione Sovietica e fu in contatto con le Comitato algerino di liberazione nazionale. Prima.
Al centro del modello Mate c’era l’idea allora rivoluzionaria che i paesi esportatori dovessero beneficiare della maggior parte delle entrate petrolifere. Ciò ha spinto Matei a offrire il 75 per cento dei proventi del petrolio alle controllate Eni, invece del 50 per cento offerto dalle “Seven Sisters”, una frase coniata dal miliardario per descrivere il cartello che controllava l’industria.
Alcuni gli attribuiscono addirittura il merito di aver gettato i semi per la formazione dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC) nel 1960.
Non sorprende che gli Stati Uniti e il Regno Unito non fossero contenti dell’approccio di Mate al commercio di petrolio, che includeva anche l’apertura all’Unione Sovietica e alla Cina. Nel frattempo, Parigi era particolarmente infuriata per un altro aspetto dell’approccio di Matti: il suo convinto anticolonialismo, che figurava fortemente nel suo approccio all’Algeria. Il magnate del petrolio ha fatto dell’indipendenza dell’Algeria un prerequisito per la richiesta di concessioni da parte di Eni nel Paese. Un gesto simbolico, anche se si vociferava che avesse fatto azioni più concrete finanziando il movimento indipendentista algerino.
Matti è conosciuto come amico della rivoluzione algerina, e ha un giardino a lui intitolato ad Algeri, seconda tappa della recente visita della Meloni in città.
Anni dopo la sua morte, la fede di Mattie nell’importanza politica dell’indipendenza energetica sembra un’ossessione a cui l’Europa non ha dato ascolto.
La convinzione di Mate nell’importanza politica dell’indipendenza energetica sembra un’ossessione a cui l’Europa non ha tenuto conto
Prendiamo, ad esempio, gli sforzi della Meloni per trasformare l’Italia in un “fulcro energetico” in Europa: tale hub è una conseguenza dell’invasione russa dell’Ucraina, e il piano di Mattei non è necessariamente adatto a realizzarlo.
Secondo Marco Gioli, analista associato del Center for European Policy di Bruxelles e advisor scientifico dell’Istituto Affari Internazionali di Roma che si occupa di energia, l’accordo con l’Algeria non fa chiarezza sugli effettivi volumi di gas che possono essere spediti in Italia in futuro, oltre a ribadire i nove miliardi di metri cubi aggiuntivi negoziati dal governo Draghi dopo lo scoppio della guerra.
Gioli afferma: “Anche se grandiosi progetti di gas potrebbero non realizzarsi, l’Italia potrebbe trarre vantaggio dalla cooperazione energetica con il paese nordafricano per sostenere i più ampi interessi italiani nella regione, dall’immigrazione al contenimento delle influenze destabilizzanti nella regione”.
La promozione degli interessi economici e politici italiani era al centro dell’opera di Mattei. In uno scenario geopolitico simile a quello del giorno, dall’Occidente che si opponeva alla Russia al mettere a tacere il dissenso in Iran, adottò un approccio diverso al business energetico, dimostrò che il monopolio delle Sette Sorelle poteva essere violato e divenne ambasciatore non ufficiale in un’Italia più prospero con il suo posto tra le grandi potenze del mondo.
È il ricordo del “Wonder Man”, motivo di grande orgoglio per gli italiani, che la Meloni capitalizza sul nome del suo Piano d’azione per l’energia.
“Sottilmente affascinante social mediaholic. Pioniere della musica. Amante di Twitter. Ninja zombie. Nerd del caffè.”