Versione italiana – Traduzione di Paolo Rosenberg
In Europa si parla molto di turismo eccessivo. Molte grandi città artistiche soffrono di questo fenomeno. Alcune città – ad esempio Amsterdam e Barcellona – hanno lanciato negli ultimi anni politiche serie per limitare l’offerta di alloggi turistici, sotto la pressione dei residenti stanchi del degrado della loro qualità di vita da un’economia urbana sempre più dipendente dall’industria del turismo di massa.
In Italia la situazione è più vicina alla schizofrenia: da un lato i residenti delle principali città d’arte chiedono una seria regolamentazione dei flussi turistici; D’altro canto, le politiche governative non fanno altro che sostenere e incoraggiare la crescita del settore turistico nazionale.
Come dobbiamo leggere questa dicotomia? Dovremmo contrapporre le comunità urbane che vogliono tutelare i propri interessi locali al desiderio più generale di sostenere la crescita dell’economia nazionale?
Guardando i dati recentemente pubblicati dal governo (fonte: Ministero del Turismo), sembra prevalere la seconda tendenza: il 13% della produzione nazionale (PIL), ovvero 255 miliardi di euro, proviene dal settore del turismo; Nel settore lavora l’11% della forza lavoro – con 2,7 milioni di addetti; La bilancia dei pagamenti fornisce un contributo importante dalla moneta prodotta dai turisti provenienti dall’estero (nel 2023 il saldo positivo era di venti miliardi di euro, pari all’1% del Pil).
Per tutte queste ragioni quantitative, il turismo è un settore trainante dell’economia italiana.
Ma è la dinamica futura ad avere il peso politico maggiore: le prospettive per il 2024 sono così buone che non solo le associazioni di categoria ma lo stesso governo ne sono estasiati.
Si prevede che il numero di turisti per l’anno in corso raggiungerà i 460 milioni di visitatori, rispetto ai 451 milioni di visitatori del 2023: una crescita del 2% su base annua.
Nel 2023 gli arrivi raggiungeranno i 134 milioni (di cui il 52,4% dall’estero), con una permanenza media per turista di 3,36 giorni.
“Il Veneto si conferma prima regione turistica d’Italia, con arrivi che raggiungono i 21 milioni e presenze che raggiungono i 72 milioni nel 2023, il 15,6% del totale nazionale. La previsione conservativa per il 2024 è di una crescita dell’8,4%”.Il turismo spinge la locomotiva veneziana“- dice Luca Zaia.
Il consenso sembra essere concordato: “Il turismo fornisce l’impulso alla crescita“- Secondo l’Associazione degli industriali del Veneto.”
Ecco perché gli operatori del settore non esitano a chiedere maggiori investimenti pubblici e politiche più chiare a sostegno del settore.
Nel contesto della competizione globale, le stesse regioni hanno sempre più bisogno di un’economia locale, e il turismo ne rappresenta la fonte più moderna e sufficiente. Serve quindi un piano nazionale di tutela del settore che spieghi gli interventi necessari che le regioni devono fare in termini di servizi, mobilità e sicurezza, per accogliere le masse e generare ricchezza per le regioni. (Documento dell’audizione dell’Unione del Turismo sul Piano strategico del turismo 2023-27, Camera dei rappresentanti, maggio 2023)
Inoltre non bisogna dimenticare che l’economia informale in Italia vale almeno duecento miliardi di euro. Se teniamo conto delle caratteristiche del turismo di massa, in particolare delle strutture ricettive informali, possiamo stimare che almeno il venti per cento di questa economia “nascosta” provenga da questo settore. Pertanto, tutte le cifre ufficiali di cui sopra dovrebbero essere aumentate proporzionalmente.
Se le cose vanno così bene per il settore turistico e per l’economia italiana, perché ci sono lamentele così forti da tutte le parti? Sulla base dell’esperienza storica, più di uno potrebbe affermare quanto segue: Ogni sviluppo economico comporta contraddizioni sociali, e queste contraddizioni portano con sé minoranze che cercano di opporsi al cambiamento, ma sono minoranze, e prima o poi scoppieranno…
La verità è che la situazione è più complessa di così e noi, come Paese, abbiamo un disperato bisogno di analisi, ricerca e discussione. Qui proveremo a passare in rassegna alcuni elementi che potrebbero valere la pena di contemplare e contemplare.
1. La prima considerazione. Di fronte al declino strutturale dell’industria nazionale e alla mancanza di politiche di sostegno e rilancio del settore secondario, la scelta appare quasi obbligata: o si cerca di compensare la perdita di produzione industriale nell’economia con una corrispondente crescita del settore dei servizi , altrimenti rischiamo il collasso della nostra struttura economica. Potremmo dire in colorito linguaggio giornalistico: abbandonati i capannoni industriali della campagna veneta (o abbandonati, nel senso letterale del termine), non resta che permettere ad una fungaia di bed and breakfast e affitti turistici di diffondersi dentro e fuori i centri abitati!
2 Seconda considerazione. Cerchiamo una crescita sostenibile che giustifichi quindi una seria politica industriale per il settore turistico, oppure si tratta solo di un fenomeno congiunturale? La risposta è complessa: non c’è dubbio che il turismo di massa costituisca parte integrante dei processi di globalizzazione, ma è necessario sottolineare la notevole incertezza inerente al turismo (guerre, terrorismo, epidemie, fenomeni naturali, ecc. possono portare al suo collasso all’interno pochi giorni). La possibilità della scomparsa del turismo di massa è di grande importanza nel medio termine. Il rischio maggiore è che l’assetto fisico ed economico delle nostre maggiori attrazioni turistiche (soprattutto delle città d’arte) venga modificato in modo irreversibile e che ci si trovi poi improvvisamente di fronte ad un improvviso calo della domanda per cui questa offerta è stata pensata.
3 Terza considerazione. Chi sono i veri beneficiari della crescita del turismo e chi ne saranno i veri beneficiari? Su questo tutte le analisi concordano: i redditi immobiliari la fanno da padrone, con un correlativo effetto di perdita di potere d’acquisto molto importante per tutti i percettori di reddito da lavoro che vivono e lavorano in aree a chiara vocazione turistica. L’opzione politica a sostegno dello sfruttamento intensivo delle cosiddette “miniere turistiche” è chiaramente rappresentata da coloro che possiedono case in affitto (piccole e grandi). Così lo sfruttamento “minerario” del nostro patrimonio naturale, paesaggistico, storico e culturale finisce per penalizzare una parte importante della popolazione e aumentare drammaticamente le disuguaglianze di reddito. A ciò si associano fenomeni ben noti: l’espulsione dei residenti dai centri storici, la diffusione del lavoro poco retribuito e poco qualificato, la scomparsa delle professioni tradizionali e dei negozi locali, ecc.
4 Quarta considerazione. La natura “estrattiva” del turismo (che alcuni politici purtroppo chiamano “petrolio italiano”) rende evidente la questione della sostenibilità di questo tipo di economia. Il turismo di massa e l’accelerazione dei visitatori stanno trasformando il patrimonio regionale e culturale italiano in una risorsa da consumare senza riserve. Vale la pena notare che il Ministero del Turismo o gli enti pubblici associati non forniscono attualmente un’analisi costi-benefici; Ciò significa che è impossibile, al di là dei dettagli tecnici, valutare l’entità e gli impatti dei costi economici, sociali, ambientali e culturali esterni e delle interruzioni derivanti dallo sviluppo del turismo. Non si tratta, quindi, solo di lamentele e proteste da parte dei cittadini residenti nelle città d’arte, ma anche di fornire una valutazione obiettiva sui cambiamenti che si verificano nella qualità della vita nei luoghi turistici, sia per chi ci vive, sia per chi vive nelle città d’arte. quelli che ci lavorano. Resta quindi irrisolta la questione cruciale della valutazione della capacità di accoglienza turistica delle nostre città.
5 Quinta considerazione. L’ultimo aspetto che sottolineiamo riguarda il difficile e complesso rapporto tra locale e globale. Il turismo, se non controllato, rischia di minare le basi del rapporto della regione/città con il mondo esterno. Attraverso l’erosione delle relazioni sociali, lo sminuimento dei valori ambientali e culturali e la distruzione delle comunità storiche, si produce un gravissimo fenomeno di espulsione e/o chiusura. Preservare il carattere aperto delle nostre città storiche e il diritto di tutti gli abitanti a spostarsi, mantenere un rapporto positivo di scambio tra locale e globale e valorizzare il dibattito, la diversità e la sinergia tra interno ed esterno, costituiscono un patrimonio prezioso e inalienabile. Qui sta la sfida fondamentale di preservare la memoria, la visione per il futuro e la biodiversità, non solo delle singole regioni/città ma del Paese nel suo insieme.
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Dove finisce il buon turismo e dove inizia il cattivo turismo? Ultima modifica: 15 agosto 2024 di
Dove finisce il buon turismo e dove inizia il cattivo turismo?
Ultima modifica: 2024-08-14T18:00:22+02:00
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