ROMA – La coalizione di governo italiana si è divisa martedì sull’approvazione di nuovi limiti sui costosi incentivi per le ristrutturazioni domestiche, con il partito moderato Forza Italia che si è rifiutato di sostenere il piano del Tesoro, affermando che danneggerebbe banche e aziende.
Il governo del Primo Ministro Giorgia Meloni non è riuscito a ridurre gli incentivi approvati dalle precedenti amministrazioni successive, che sono costati allo Stato più di 219 miliardi di euro (236,39 miliardi di dollari) in meno di quattro anni e hanno posto un pesante fardello sulle vacillanti finanze pubbliche italiane.
L’incentivo più generoso, il cosiddetto super bonus, permetteva ai proprietari di casa di detrarre dalle tasse i costi dei lavori di risparmio energetico per un periodo di quattro-dieci anni, oppure di utilizzare il credito d’imposta come forma di pagamento nei rapporti con costruttori o banche.
Secondo un piano sostenuto dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, una figura di spicco del partito co-governante della Lega, l’impatto delle agevolazioni fiscali derivanti dal regime del super bonus sarebbe distribuito su 10 anni. Questa disposizione si applica retroattivamente ai pagamenti effettuati a partire da gennaio.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, leader del partito Forza Italia, sta cercando di allentare le restrizioni e ha detto che il suo partito non sosterrebbe il piano se Giorgetti si rifiutasse di cambiarlo.
“Senza modifiche, il nostro partito voterà contro”, ha detto Tajani.
Con il voto cruciale per il rinnovo del Parlamento europeo previsto per giugno alle porte, Tajani sembra schierarsi dalla parte delle aziende e delle banche che hanno lamentato che la natura retroattiva del piano potrebbe ridurre il valore di parte delle agevolazioni fiscali già ricevute in pagamento.
L’emendamento prevede inoltre che gli istituti di credito che hanno acquistato crediti d’imposta dovranno utilizzarli per ridurre le proprie imposte in un periodo di sei anni a partire dal 2025. Questa procedura non si applica alle banche che hanno acquistato crediti al 75% o più del loro valore nominale.
Dal prossimo gennaio, inoltre, le banche, le assicurazioni e i servizi finanziari non potranno più utilizzare crediti d’imposta per compensare i pagamenti dei contributi previdenziali.
Le nuove restrizioni hanno lo scopo di consentire all’Italia di ripristinare obiettivi di deficit più severi per i prossimi due anni, fissati a settembre.
All’epoca, il governo aveva promesso di ridurre il divario fiscale al 3,6% del PIL nel 2025 dal 4,3% di quest’anno e al 2,9% nel 2026. Considerando le tendenze attuali, il Tesoro prevede che il deficit sarà leggermente più alto, al 3,7% anno. E il 3% nel 2026. Reuters
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