Roma – C’era una volta, gli antichi romani chiamavano il Mar Mediterraneo Marie Noström“il nostro mare”, esprimendo una sorta di rivendicazione di proprietà sullo specchio d’acqua e sul territorio che lo circonda, che oggi comprende quasi 30 Stati indipendenti dell’Europa meridionale, dell’Africa settentrionale e dell’Asia occidentale.
L’Impero Romano ai suoi tempi aveva quella che possiamo chiamare una “strategia mediterranea”, nel senso di proiettare l’egemonia militare, politica ed economica sulla regione.
Oggi Roma ha di nuovo una “strategia mediterranea”, anche se in questo caso si tratta del Vescovo di Roma, Papa Francesco, e all’ordine del giorno non è una questione di sovranità ma di solidarietà, soprattutto riguardo a tre temi cruciali: le migrazioni, la Ambiente e relazioni interstatali. Dialogo culturale e religioso.
Ieri, in occasione del decimo anniversario della sua storica visita a Lampedusa, Francesco ha riassunto la strategia in una carica alla gente di quest’isola del Mediterraneo che è ormai diventata sinonimo del destino dei migranti.
“Vi esorto a non restare imprigionati nella paura o nella logica di parte, ma ad essere cristiani capaci di fecondare quest’isola nel cuore di Marie Noströmcon le ricchezze spirituali del Vangelo, perché ritorni a risplendere nella sua originaria bellezza”.
Come si conviene a un papato di emancipazione laica, il patron ufficioso di questa strategia mediterranea non è un ecclesiastico o un religioso osservante, ma un sindaco laico italiano degli anni Cinquanta e Sessanta, oggi candidato ad aureola: Giorgio La Pira, antifascista e devoto Cattolico soprannominò i fiorentini, che lo elessero tre volte, “Santo Sindaco”.
Il prossimo momento importante in questa strategia in evoluzione arriverà dal 17 al 24 settembre a Marsiglia, in Francia, in occasione del terzo dei cosiddetti “Incontri mediterranei”, che riuniranno funzionari civili, giovani e leader religiosi dei 30 paesi che costituiscono la regione mediterranea, la media, che comprende circa 120 vescovi cattolici.
Alcuni osservatori ritengono che l’evento sia essenzialmente un riscaldamento per quello che alla fine sarà il Sinodo dei vescovi sul Mediterraneo che Papa Francesco ha convocato in futuro, anche se con due sinodi incombenti intorno al sinodo, il calendario è pieno zeppo un po’.
Il raduno di Marsiglia sarà il terzo vertice sponsorizzato dalla Chiesa sul Mediterraneo, dopo le precedenti sessioni di Bari, in Italia, nel 2000, e di Firenze nel 2022.
Come segno di quanto fosse importante per Francesco l’iniziativa, fece voto di tornare a dare la sua personale benedizione all’iniziativa. Era a Bari nel 2000 e intendeva essere a Firenze nel febbraio 2022 fino a quando un forte dolore al ginocchio lo ha costretto a ritirarsi da quel viaggio e dalle funzioni del Mercoledì delle Ceneri.
Dopo l’evento del 2022, i vescovi cattolici e i sindaci delle città del Mediterraneo hanno firmato quello che è noto come il “Patto fiorentino”, che prevede impegni condivisi che si leggono, per certi versi, come una rapida sintesi dell’agenda sociale di Francesco:
- Promuovere le relazioni tra culture e religioni.
- Diritto universale alla salute e alla protezione sociale.
- Soluzioni integrate per evitare cambiamenti climatici catastrofici.
- Le politiche migratorie nel Mediterraneo e alle frontiere devono sempre rispettare i diritti umani fondamentali.
- Rispetto per ogni individuo attraverso una più equa condivisione delle risorse economiche e naturali.
Quando l’originario incontro fu organizzato nella città portuale italiana di Bari, da tempo luogo di incontro tra la parte orientale e quella occidentale del bacino del Mediterraneo, fu ideato dal cardinale Gualtieri Bassetti di Perugia, all’epoca nominato dal Papa come incaricato. Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che proviene da un piccolo paese italiano di 3.000 persone che vive all’ombra di Firenze.
A sua volta, Bassetti ha affermato di aver avuto l’idea di tenere un vertice di vescovi del Mediterraneo rileggendo i documenti del “Mediterranean Colloquium”, una serie di incontri ospitati da La Pira a Firenze tra il 1958 e il 1964 con la partecipazione di personalità politiche, leader religiosi e creatori Altri provengono da diversi paesi del Mediterraneo.
L’idea è nata nel 1956 quando il re Mohammed V del Marocco visitò Firenze e conobbe Lapira, che poi si recò lui stesso in Marocco l’anno successivo, tra l’altro, tenendo d’occhio i tre grandi monasteri del deserto del Paese.
Il primo simposio si tenne a Firenze dal 3 al 6 ottobre 1958, in concomitanza con la festa di San Francesco d’Assisi, che leggendariamente attraversò le linee di battaglia durante le Crociate per incontrare lo sceicco Al-Malik Al-Kamil. Il punto principale all’ordine del giorno di Firenze era la stampa per l’indipendenza algerina. Lapira era così impegnato nel dialogo che ha contribuito a far sì che i leader del movimento indipendentista ottenessero passaporti tunisini falsi per entrare in Italia, e quando le autorità per l’immigrazione hanno protestato, Lapira ha promesso di avere agenti di polizia in bicicletta per monitorare i loro movimenti.
I colloqui in quel primo simposio mediterraneo sono stati accreditati per aver contribuito a spianare la strada ai colloqui tra la Francia e gli algerini, che culminarono negli accordi di Evian del 1962 che posero fine alla guerra.
Nonostante i migliori sforzi di La Pira, non tutti i seminari del Mediterraneo sono stati storie di successo. Nel 1960 organizzò un convegno sul conflitto israelo-palestinese, al quale partecipò anche il grande Martin Buber, ma che a quanto pare non condusse a una pace duratura.
Tuttavia, Lapira ha insistito affinché i suoi sforzi fossero sempre eguagliati da Papa Giovanni XXIII e dai poteri che si trovano in Vaticano. Nel 1961 organizzò un terzo simposio sul Mediterraneo e l’Africa, dove profeticamente dichiarò che “bisogna essere privati dell’intelligenza storica, figuriamoci storicamente sordi e ciechi, per non comprendere il ruolo fondamentale che questi popoli sono destinati a svolgere a ogni livello della vita individuale e collettiva nel mondo.
L’ultimo simposio ha avuto luogo nel giugno 1964, e ancora una volta è stato in anticipo sui tempi, discutendo dei movimenti di indipendenza sia in Angola che in Mozambico, la transizione da Franco in Spagna e la fine dell’apartheid in Sud Africa – tutte cose che sarebbero arrivate alla fine , con le sessioni di Firenze che hanno dato un po’ di slancio iniziale.
Nato in Sicilia nel 1914, La Pera raccontò in seguito di aver avuto un’esperienza mistica all’età di 10 anni durante la messa di Pasqua: “Era l’alba di una nuova vita”, scrisse nel suo diario. “Non dimenticherò mai la Pasqua del 1924, in cui ricevetti Gesù Sacramentato: sentii scorrere nelle mie vene un’innocenza così completa, che non potei trattenere l’incommensurabile felicità”.
La Pira divenne terziario domenicano e dirigente dell’Azione Cattolica, e fu uno stretto collaboratore di padre Giuseppe Dosetti, un prete politico che aiutò a redigere la costituzione italiana del dopoguerra. Dopo il mandato di sindaco di Firenze e di membro della Camera dei deputati italiana, si dedicò a tempo pieno alla causa della pace. Morì nel 1977 poco dopo il suo ultimo viaggio all’estero, che fu ad Hanoi per aiutare a negoziare la fine della guerra del Vietnam.
Papa Francesco ha dichiarato La Pera “venerabile” nel 2018. Non c’è dubbio che La Pera, la sua carriera politica si sia sempre basata sulla sua fede.
Una volta scrisse: “Non sono sindaco, né deputato o sottosegretario. Ho un solo invito: anche con tutte le carenze che vuoi, per grazia di Dio sono testimone del vangelo”.
Resta da vedere, ovviamente, cosa potrebbe derivare dal rally di Marsiglia a settembre. Comunque vada, bisogna immaginare che Giorgio Lapira sarebbe d’accordo.
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